Osama Njeem Almasri, generale e capo della polizia penitenziaria libica, è stato arrestato per ordine della procura di Tripoli in quanto accusato di torture e violenze nei confronti di detenuti nel carcere di Mitiga, situato nei pressi dell'aeroporto della capitale. Secondo fonti locali, tra cui Libya24, le autorità giudiziarie ritengono di avere delle prove che dimostrerebbero come Almasri abbia sottoposto almeno cinque prigionieri a trattamenti crudeli, causando la morte di almeno uno di essi. Testimoni presenti al momento dell'arresto hanno riferito che il generale appariva sorridente mentre veniva condotto in custodia.
Secondo quanto riporta Repubblica, l'arresto di Almasri rientrerebbe nella politica collaborazione del nuovo governo di Tripoli con la Corte penale internazionale. mentre altri fonti tendono a ricondurlo alle tensioni tra la Rada e l'esecutivo guidato dal premier Abdel Hamid Dbeibeh, che ha messo fuorilegge la milizia e ha tolto al generale l'autorità sulla polizia giudiziaria. L'ufficio inquirente di Tripoli ha comunque dato notizia dell'arresto con il seguente comunicato ufficiale: "A seguito delle indagini sui fatti attribuiti all'ufficiale di polizia Osama Njeem Almasri, il sostituto procuratore generale ha completato la raccolta di informazioni relative alle violazioni dei diritti dei detenuti dell'istituto di correzione e riabilitazione di Tripoli, che hanno segnalato alla Procura generale di aver subito torture e trattamenti crudeli e umilianti - si legge -. L'investigatore ha quindi condotto un interrogatorio sulle circostanze relative alla violazione dei diritti di dieci detenuti e alla morte di un detenuto a seguito di tortura. In presenza di prove sufficienti per procedere con l'accusa, la Procura ha rinviato a giudizio l'accusato, che è attualmente in custodia cautelare".
Almasri era stato fermato in Italia nel gennaio 2025 su mandato della Cpi con le accuse di crimini di guerra e contro l'umanità. Tuttavia, nell'arco di pochi giorni, il generale libico venne scarcerato e riportato in Libia su un volo dei servizi dopo la decisione del ministero della Giustizia di non chiedere la convalida dell'arresto e l'applicazione di una misura cautelare. Da quell'intera vicenda era poi sorto un caso politico-giudiziario che aveva portato addirittura allìapertura di un'indagine giudiziaria per favoreggiamento a carico della presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, dei ministri della Giustizia e dell’Interno, Carlo Nordio e Matteo Piantedosi, e dell'Autorità delegata all’intelligence, Alfredo Mantovano. La premier venne archiviata, mentre per gli altri tre esponenti di governo - nonostante la richiesta di rinvio a giudizio arrivata dal Tribunale dei ministri - la Camera aveva negato l'autorizzazione a procedere e il fascicolo è stato definitivamente chiuso.