Il miracolo di Trump

Scritto il 14/10/2025
da Alessandro Sallusti

I tasselli di questa brutta storia stanno tornando uno alla volta al loro posto

Ci avevano detto che l'America di Trump si sarebbe ritirata dentro i propri confini e si sarebbe disinteressata del mondo esterno; ci avevano detto che Trump sarebbe stato un pericolo per la già fragile pace nel mondo. Come molte delle cose dette dall'insediamento del presidente americano, e più in generale delle cose dette sui conservatori, non era vero nulla e ieri ne abbiamo avuto la dimostrazione plastica. In Egitto, a Sharm el-Sheikh, mezzo mondo lo ha incoronato come il salvatore della pace globale, altro che Premio Nobel. Presidenti, premier, sceicchi e capi popolo hanno fatto da testimoni alla firma del trattato "Peace 2025", che pone fine alla guerra tra Israele e Hamas e con lui hanno stretto un patto che va ben oltre quella vicenda e che punta a un nuovo assetto dell'area mediorientale. Erano presenti vinti e vincitori (Israele e Hamas non fisicamente, ma ben rappresentati) che lo hanno aspettato per tre ore per poi accoglierlo con gli onori che si devono a un imperatore. Come tutte le paci, anche quella definita ieri è figlia della forza militare e della fermezza politica esibita per due anni da Israele e Stati Uniti, della lucida lealtà degli alleati di molti Paesi europei tra cui l'Italia; come tutte le paci, avrà strascichi che proveranno a minarla, ma se quello che si è visto ieri ha anche solo un minimo di fondamento, indietro non si torna a costo di usare di nuovo le maniere forti. La pace la si impone, quella di Trump appare comunque una pace non umiliante ma generosa con entrambi i contendenti, una pace che guarda lontano, a quel "due popoli, due Stati" evocato spesso a vanvera dalla sinistra internazionale e in modo sciagurato dai pro Pal. E dopo quello che è accaduto ieri Trump accolto a Tel Aviv come un eroe nazionale e dopo le parole di stima che il presidente americano ha profuso verso il premier israeliano, sarà difficile per la comunità internazionale continuare a trattare Netanyahu alla stregua di un criminale di guerra. Insomma, i tasselli di questa brutta storia stanno tornando uno alla volta al loro posto. Alla sinistra italiana non resta che masticare amaro per aver sbagliato ancora una volta diagnosi e cura. Può giusto consolarsi con la più ovvia e scontata delle vittorie elettorali, quella di Eugenio Giani in Toscana, per nulla amato dai leader del campo largo. Elly Schlein ha brindato, ma il brindisi che Giorgia Meloni ha fatto ieri con i grandi del mondo racconta di tutta un'altra storia. Della Storia.