Il partito democratico batte un colpo e incassa alcune importanti vittorie nelle competizioni per le cariche di sindaco di New York e di governatore in Virginia e nel New Jersey. Un risultato positivo che trova conferma anche dall'altra parte degli Stati Uniti dove gli elettori hanno approvato la "Proposition 50" promossa dal governatore Gavin Newsom, in risposta aa una misura analoga intrapresa dal Texas repubblicano, che ridisegna i collegi elettorali in modo che il partito dell'asinello possa vincerne cinque in più.
A vederle più da vicino le vittorie dei democratici potrebbero però rivelarsi delle polpette avvelenate in vista delle elezioni di midterm dell'anno prossimo e, più in prospettiva, nel confronto con Donald Trump e con chi ne raccoglierà il testimone nel 2028. Una conclusione che può essere compresa solo vedendo in filigrana i risultati delle urne e mettendo da parte le dichiarazioni del presidente Usa che, dopo aver mantenuto un insolito profilo basso alla vigilia delle competizioni elettorali, ha postato un eloquente messaggio sul suo social Truth: "il fatto che Trump non era sulla scheda elettorale e che c'è lo shutdown sono i due motivi per cui i repubblicani hanno perso stanotte, secondo i sondaggisti".
Che la vittoria di Zohran Mamdani & co. abbia più livelli di interpretazione non lo riconosce solo il conservatore Wall Street Journal ma anche il New York Times, rappresentante della stampa liberal Usa. Stanotte, si legge nell'analisi pubblicata dal quotidiano di New York, i democratici hanno dimostrato che il loro partito demoralizzato può ancora vincere e farlo alla grande. Decisivi la determinazione e l'energia degli elettori del partito dell'asinello, componenti che sono mancate su larga scala nel 2024 e che hanno portato alla sconfitta dei dem negli swing states, al Senato e alla Camera. Nonostante il successo delle ultime ore, il New York Times afferma però che il partito democratico non si sia ancora unito attorno a un'identità politica coerente o a un chiaro schema elettorale che possa vincere sia negli Stati indecisi che in quelli sicuri. Paradossalmente, dunque, i risultati di martedì suggeriscono che una battaglia interna al partito potrebbe attendere i democratici.
Il successo del socialista Mamdani, eletto 111esimo sindaco di New York, arriva infatti in parallelo a quello delle centriste Mikie Sherril e Abigail Spanberger, elette governatrici rispettivamente del New Jersey e della Virginia. Ma quale dei due modelli potrebbe risultare più competitivo per tornare a vincere davvero dopo il disastro determinato dal tardivo ritiro dalla corsa alla Casa Bianca di Joe Biden e dal subentro della sua vice Kamala Harris? A questo interrogativo i simpatizzanti del partito democratico non hanno fornito risposte ma, al massimo, posto solo nuovi dubbi.
I democratici ricevono una scarica di adrenalina ma nessuna risposta chiara, scrive il Wall Street Journal sottolineando che i dem non hanno un leader e i potenziali candidati alla presidenza del 2028 sono di ogni tipo per ideologia e personalità, dal governatore della California Gavin Newsom alla deputata Alexandria Ocasio-Cortez. A ciò si aggiunge poi il grido di allarme, l'ennesimo, lanciato pochi giorni fa da Bernie Sanders nonostante i numeri dessero conforto al "suo" candidato nella Grande Mela. "Il partito democratico ha abdicato, si è arreso", ha detto il senatore del Vermont confermando come un sentiero unitario per i dem sia una chimera.
Dal partito dell'asinello provano intanto a conciliare le visioni del pro-Pal Mamdani con quelle più moderate che hanno vinto fuori da New York. "Ciò che funziona a Manhattan non funzionerà in Virginia, e ciò che non funzionerà in Virginia non funzionerà in Michigan, e va bene così", sostiene la senatrice Elissa Slotkin del Michigan, Stato in bilico per eccellenza. "Vincere in luoghi diversi del Paese, con elettori ed esperienze molto diverse, dovrebbe essere celebrato e non attaccato", conclude la senatrice. Che non convince del tutto.
Snocciolati i problemi che affliggono i dem, sarebbe ingiusto non menzionare che le loro vittorie sulla carta rappresentano comunque un campanello d'allarme anche per i repubblicani. Secondo gli exit poll, la gran parte degli elettori in Virginia e New Jersey ha espresso malumore nei confronti di Trump. Un dato che il Gop non può minimizzare facilmente specie se si considera che proprio in Virginia, tra gli Stati più colpiti dallo shutdown, risiedono oltre 147mila dipendenti federali, i quali sembrerebbero incolpare i repubblicani più che i democratici per la serrata del governo. Insomma, per entrambi i partiti, al di là delle dichiarazioni di rito, ce n'è di materiale su cui riflettere.