Grande caos alla Casa Bianca. Trump vuole chiudere in fretta. "Ed è poco attento ai dettagli"

Scritto il 25/11/2025
da Marco Liconti

Lo scontro Rubio-Witkoff, gli ultimatum seguiti da toni più concilianti. Fonti di Washington: "Non si capisce cosa accade, imbarazzante"

Ventotto punti ora scesi a diciannove. Una scadenza, quella del 27 novembre, giorno di Thanksgiving in America, spostata (forse) un po' più in là. Ultimatum lanciati via social, rimpiazzati il giorno dopo da toni più concilianti. Un segretario di Stato, Marco Rubio, che fa sapere a un gruppo di senatori Usa che l'inviato di Donald Trump, Steve Witkoff, si è praticamente fatto dettare il piano di pace per l'Ucraina dalla sua controparte russa Kirill Dmitriev. Lo stesso Rubio che poi smentisce e vola a Ginevra per prendere in mano la situazione e rassicurare ucraini e alleati europei.

In tutto questo, un presidente "poco attento ai dettagli", ansioso solamente di lasciarsi il conflitto alle spalle, per poter reclamare un'altra "vittoria", dopo le sconfitte politiche subite nelle ultime settimane. In breve, "il caos". È un anonimo funzionario dell'amministrazione Usa a raccontare al Washington Post il clima di questi giorni alla Casa Bianca. Ne esce un quadro di arrembante approssimazione nel quale Trump appare come spesso lo hanno descritto i suoi ex collaboratori: pronto a dare retta all'ultimo interlocutore in ordine di tempo, a prescindere dal valore delle proposte. "Gli dici: Cercherò di raggiungere un accordo. E lui risponde: Ottimo, vedi cosa puoi fare. E questo è il livello di dettaglio che ha", ha riferito il funzionario al Post. "È stato un caos assoluto, perché persino diverse parti della Casa Bianca non sanno cosa sta succedendo. È imbarazzante".

Facile immaginare che il funzionario in questione appartenga meno alla "fazione-Witkoff" e più alla "fazione-Rubio", le cui posizioni anti russe, per quanto rimodellate secondo il dettato Maga e dell'America First non sono certo evaporate del tutto in questi mesi. Possibile anche che la voce anonima provenga dall'ufficio dell'inviato speciale di Trump per l'Ucraina, Keith Kellogg, rimasto coerente nelle sue posizioni anti russe e pro Kiev. Dopo essere stato emarginato da qualsiasi trattativa e di fatto sostituito da Witkoff, Kellogg la scorsa settimana ha fatto sapere che a gennaio lascerà il suo incarico. Se così fosse, ne emergerebbe una spaccatura all'interno della West Wing che richiama quella emersa in questi mesi all'interno del Partito repubblicano riguardo alla guerra in Ucraina.

Un dissenso che finora Trump è riuscito a silenziare, ma che è riemerso dopo la pubblicazione del piano di pace favorevole a Mosca. È stato l'anziano ex leader repubblicano al Senato, Mitch McConnell, a dare voce alla vecchia guardia del Gop e a puntare il dito contro l'amministrazione, che "fa pressione sulla vittima e placa l'aggressore" come mezzo per raggiungere la pace. "Alleati e avversari stanno osservando: l'America resisterà fermamente all'aggressione o la premierà?", ha scritto su X. Sempre sui banchi repubblicani al Congresso, ma sul fronte opposto, c'è invece la fazione America First che rimprovera a Trump le troppe attenzioni alla politica estera e la scarsa efficacia sui temi economici interni. Voci dissonanti che Trump non sembra più essere in grado di mettere a tacere con un semplice post sui social media.