Trump prepara la "vendetta" contro Mamdani: ecco cosa può fare contro New York

Scritto il 05/11/2025
da Francesca Salvatore

Trump minaccia di tagliare i fondi federali a New York dopo la vittoria di Mamdani, ma la Costituzione limita fortemente questo potere. Può solo ritardare o reinterpretare i fondi, non bloccarli per motivi politici

A poche ore dal voto a New York, la tensione tra la Casa Bianca e Zohran Mamdani è pronta a riesplodere. Donald Trump, infatti, aveva lasciato intendere che la sua amministrazione potrebbe “rivalutare” i fondi federali destinati alla città, accusandola di “sprechi” e “ostilità politica”. Dietro la minaccia, tuttavia, la domanda cruciale resta: Trump può davvero bloccare i fondi federali per punire la Grande Mela? Le risposte, tra diritto costituzionale e precedenti giudiziari, delineano confini molto più rigidi di quanto la retorica politica lasci intendere.

Il precedente: le città “santuario”

Non è la prima volta che un presidente tenta di usare il potere federale della spesa come strumento politico. Già durante la prima presidenza Trump, la Casa Bianca aveva cercato di condizionare fondi federali destinati a città definite “santuario” — ossia quei governi locali che rifiutavano di collaborare con le autorità federali sull’immigrazione. Nel caso di New York, questo si era tradotto nel 2020-2021 in una sospensione di circa 12 milioni di dollari di finanziamenti federali al sistema di trasporto metropolitano (MTA) per programmi di sicurezza.
Un tribunale federale bloccò quella decisione, giudicandola “arbitrary, capricious, and a blatant violation of the law”. Il giudice stabilì che l’amministrazione non poteva negare fondi già autorizzati dal Congresso solo per ragioni politiche, poiché la legge che li istituiva richiedeva criteri oggettivi legati al rischio terroristico, non alle politiche migratorie locali. Quel precedente oggi pesa enormemente sul piano giuridico.

Il quadro costituzionale

La Costituzione americana attribuisce al Congresso il potere di autorizzare e disciplinare le spese pubbliche, in virtù della Spending Clause.
Il Presidente può amministrare e applicare le leggi di spesa, ma non può “trattenere” o deviare fondi già stanziati senza una base legislativa esplicita. In altre parole, il potere di spesa federale non può essere trasformato in uno strumento di coercizione politica. Le limitazioni si fondano anche su due principi cardine del diritto costituzionale americano, ossia la sacrosanta separazione dei poteri e il principio del federalismo: il governo federale, pertanto, non può costringere gli Stati o le città a conformarsi alle proprie politiche usando la minaccia di ritiro dei fondi.

Questo non significa che la minaccia di Trump sia priva di efficacia politica. Un’amministrazione federale può comunque ritardare, rivalutare o interpretare in senso restrittivo l’applicazione di alcuni programmi, specialmente laddove la legge conferisca all’esecutivo margini discrezionali. Ad esempio, nel settore dei trasporti o della sicurezza, il Dipartimento per la Sicurezza Interna (DHS) dispone di criteri amministrativi che possono essere modulati. Tuttavia, ogni intervento di natura punitiva o motivata politicamente espone l’amministrazione a un immediato contenzioso. E i tribunali, negli ultimi anni, si sono mostrati particolarmente sensibili nell’intervenire per impedire un uso distorto del potere federale.

Il "caso Mamdani"

Applicando questi principi, un eventuale blocco di fondi destinati a New York sulla base della sola vittoria elettorale di Mamdani apparirebbe giuridicamente insostenibile. Le uniche eccezioni riconosciute riguardano casi di violazione di legge o inadempienza amministrativa — non la semplice divergenza politica. La vera arma dell’amministrazione, dunque, potrebbe non essere la sospensione effettiva dei fondi, bensì la minaccia costante di revisione e il conseguente clima di incertezza. Questo tipo di pressione — pur difficilmente sostenibile in tribunale — ha un effetto politico immediato: sposta il dibattito nazionale sul terreno della lealtà federale.

New York, tuttavia, dispone di un forte margine di autonomia finanziaria e di una rete di sostegno congressuale, soprattutto nella Camera, che potrebbe bloccare o rallentare qualsiasi tentativo di taglio. Circa i due terzi del suo bilancio proviene da entrate proprie, cioè da tasse e imposte locali, non da fondi federali o statali. Fra queste spiccano la Property Tax – l’imposta sugli immobili, che rappresenta circa il 30-35% delle entrate totali; la Personal Income Tax – l’imposta sul reddito comunale, che si aggiunge a quella statale (unica tra le grandi città americane); la Sales Tax – imposta sulle vendite, di cui una quota spetta direttamente alla città e le Business, hotel e utility taxes – tributi su imprese, turismo, servizi pubblici e trasporti. New York, inoltre, ha la facoltà di emettere obbligazioni municipali (municipal bonds) per finanziare infrastrutture e spesa pubblica.